Risveglio: della terra e della cultura locale

Sintesi dalla trascrizione degli interventi



La manifestazione si è svolta nel complesso conventuale di Santa Maria di Castello due settimane prima del vertice G8: al suo interno sono stati realizzati seminari e un convegno internazionale, mentre ai produttori agricoli, selezionati fra i principali collaboratori del Conservatorio, è stato riservato un apposito spazio impiegato come mercatino di esposizione e degustazione.
L'evento ha avuto il merito di far circolare informazioni importanti e ben documentate e di promuovere un dibattito che ha anticipato certi temi del G8, anche se di certo non ha goduto di altrettanto interesse da parte dei media. Invece "le armi [efficaci per affrontare queste problematiche, n.d.r.] rimangono quelle di un forte movimento di opinione pubblica" [da un intervento nel corso del dibattito, n.d.r.]: non sono questi i tempi per cui di sementi e produzione debbano interessarsi solo gli addetti ai lavori".
Tra i relatori protagonisti:

  • Ivan Illich, fondatore del CIDOC di Cuernavaca
    Qualcosa che sta diventando invisibile...
    Massimo Angelini e Ivan Illich hanno animato il dibattito della giornata di apertura dei lavori, incentrato su "qualcosa che sta diventando invisibile... gli spazi comuni, i luoghi della gente che si organizza e condivide diritti, titolarità... la convivialità, il comune". La lunga conversazione ha toccato molti dei temi cari a Illich, la linguistica, l'identità, la filosofia, frammentandoli con il racconto di episodi, dei suoi viaggi, dei suoi incontri: "Non era mia intenzione insegnare qualcosa, ma far riflettere", questo afferma Illich al termine del suo intervento. Per conoscere il suo pensiero e la sua opera suggeriamo di rivolgersi direttamente ai suoi numerosi scritti, l'elenco dei quali è riportato in
    http://www.peacelink.it/pace2000/webstoria/6uomini/illich.html

  • Jean-Marie Pelt, presidente dell'Institut Europeen d'Ecologie di Metz
    La biodiversità: un patrimonio a rischio di erosione
    Come sottolinea J.M. Pelt nel corso del suo intervento ("La biodiversità: un patrimonio a rischio di erosione"), è certamente significativo che un tale incontro sia stato "organizzato dalla Provincia di Genova e che, di conseguenza, c'è un impegno da parte di chi ha il potere decisionale su questi temi [...] perchè di solito queste riunioni si fanno tra diverse associazioni e tra gruppi, ma non si fanno con l'iniziativa di un potere pubblico stabilito: questo prova che c'è una presa di coscienza [...]".

  • Hope Shand, economista di Ottawa
    L'erosione della diversità non solo biologica, ma anche culturale
    La relatrice H. Shand ha a sua volta puntato il dito sull'erosione non solo della diversità biologica, ma anche culturale: non solo si stanno perdendo specie agricole, e le stesse "diversità tra e all'interno delle specie", ma anche "le comunità che perdono le varietà tradizionali... rischiano di perdere il controllo del loro sistema di produzione e di diventare dipendenti delle fonti di produzione delle sementi esterne: è sempre più difficile parlare della perdita di geni o specie o ecosistemi separati dalle culture umane". Le sue osservazioni non possono che invitare a riflettere: tracciata una breve storia degli O.G.M. (Organismi Geneticamente Modificati), sul cui uso Pelt si è pronunciato negativamente in base alla loro non provata innocuità, sottolinea come "il 94% di tutte le aree mondiali dedicate alle coltivazioni O.G.M." è controllato da una sola corporazione, la Monsanto: "In un mondo in cui le risorse genetiche sono privatizzate, chi aiuterà gli agricoltori poveri? Chi si occuperà della sicurezza alimentare e dell'ambiente?".
    "La biodiversità non può essere conservata se non viene usata. La conservazione non è fine a se stessa, ma un mezzo per assicurare che le risorse genetiche di piante e animali siano disponibili per le presenti e le future generazioni. Lo scopo della conservazione non è quello di congelare le biodiversità allo stato attuale o di creare musei con piante e contadini, ma di mantenere un sistema dinamico vivente e in evoluzione".
    Un esempio che ci ricorda da vicino dati e scopi cari ai promotori e ricercatori per il Conservatorio delle Cucine Mediterranee: "negli Stati Uniti, tra il 1800 e il 1900, c'erano più di 7000 varietà di mele in uso e circa 6000 di quelle varietà, circa l'86%, sono state perse e oggi appena due varietà di mele contano più del 50% dell'intero raccolto commerciale di mele negli Stati Uniti".
Paradigmatico e tagliente l'intervento di una coltivatrice diretta della nostra regione, che così si esprime:
"Vivo in una zona che è stata abbandonata nel dopoguerra, ed è un vantaggio da un certo punto di vista, perchè tutte le varietà sono rimaste lì, magari un po' vecchie, ma sono rimaste. Tante, molte. Ora stiamo facendo un lavoro grosso [di recupero, n.d.r.], ma è faticosissimo, e non abbiamo al momento nessun vantaggio economico, rubiamo tempo al tempo ma non ce la facciamo, cioè, ce la facciamo lo stesso, ma per grande volontà... Tra poco finirò in galera perchè continuo a usare semi antichi che scambio con marmellata [...]".

La necessità che "i nostri scienziati aiutassero i piccoli e non i grandi agricoltori" (H. Shands), il messaggio che "non è possibile conservare la diversità biologica se non proteggiamo e nutriamo la diversità umana che la protegge e la sviluppa", la denuncia di tutte le azione tese a creare brevetti sulla vita, sono argomenti che hanno percorso più volte gli interventi degli specialisti e suscitato le discussioni più animate.